Portare la danza in luoghi inattesi


Trasformare gli spazi attraverso il movimento. Giocare coi luoghi e non più soltanto col gesto. Sovrapporre gli strati, cercare luoghi in grado di amplificare i gesti della danza per contrasto, cercare l’estasi nelle chiese, nei templi, nei luoghi sciamanici persino nei boschi , luoghi che veicolano spiritualità spontanee, dirette, non mediate. Intendere la danza come veicolo di trascendenza, come già la intendevano i Dervisci, ma allargando questo concetto di ricerca al movimento inteso in senso più ampio, ovvero al movimento tutto.
Così la danza diventa ricercatrice di spazi, e attraverso il gesto del danzatore si cerca in qualche modo di valorizzare lo spazio letteralmente illuminandolo.
Portare la danza, e più in generale la performance, nei luoghi sacri è una sfida audace con la quale in passato già alcuni coreografi si sono cimentati. L’arte della danza moderna, con la sua capacità di comunicare emozioni e narrazioni attraverso il movimento del corpo, sta attualmente esplorando anche queste frontiere artistiche. In questo senso citiamo volentieri con il video postato in fondo il lavoro recente della Compagnia Artemis Danza che nel 2022 ha registrato nella Chiesa di Sant’Apollinare in Classe la sua coreografia sull’Inferno di Dante. Del resto, essendo la ricerca sul corpo e il movimento fondamentalmente una ricerca interiore, il passo verso l’espressione della spiritualità del danzatore è breve.
E uno dei suoi passi più audaci è rappresentato proprio dal movimento verso luoghi sacri come chiese, templi e santuari, trasformando questi spazi in palcoscenici per l’espressione coreografica, soprattutto quando tale espressione ha aneliti trascendenti.  Del resto quest’idea di “rompere”, ovvero di danzare l’inatteso, era già di Isadora Duncan, la pioniera del movimento libero e audace che aveva iniziato a uscire dai teatri e liberarsi dalle regole.
Ma chi sono stati poi i pionieri di questa avventura verso nuovi luoghi? Sicuramente Martha Graham, Pina Bausch e Akram Khan sono stati tra i visionari della danza moderna che hanno condotto questo viaggio oltre i confini convenzionali, sfidando le tradizioni e cercando di stabilire connessioni inaspettate, appunto tra movimento e spiritualità.
 Quando la danza moderna si sposa con l’atmosfera e l’architettura dei luoghi sacri, si crea un’esperienza transcendentale sia per il pubblico che per gli artisti stessi e le emozioni evocate dal movimento del corpo, unitamente alla maestosità dei luoghi, spesso conducono a un’esperienza spirituale profondamente arricchente anche per il pubblico. Come una triangolazione dorata, dove si crea un vero e proprio dialogo a tre voci, in cui il luogo assurge a una funzione fondamentale di sfondo e quindi in termini di capacità di imprimere e condizionare. È questo dialogo tra il movimento corporeo e l’ambientazione sacra che offre un nuovo modo di percepire e comprendere sia l’arte che la spiritualità, di chiedere al pubblico non soltanto un ascolto o una visione, ma un collegamento. Il movimento si arricchisce, trovando nuovi stimoli verso “l’interno”, andando a pescare giù, nel profondo, e i luoghi sacri che lo ospitano vengono messi alla prova dai grandi coreografi saggiando il punto di rottura fino al quale il sacro resta tale senza smarrirsi.  Come dire: fino a che punto si può osare danzando in una chiesa senza far perdere al luogo il suo potenziale intrinseco di spiritualità?
Sono davvero scommesse interessanti queste, che esplorano non solo i confini estetici di certe messe in scena ma misurano la capacità di ampliarsi di alcune categorie come appunto quella del sacro.
Così, questo incontro fra linguaggi contiene numerosissime implicazioni. E la presenza della danza moderna in luoghi sacri può ridefinirne lo spazio fisico e la percezione culturale, trasformandoli in scenari di espressione artistica e di contemplazione spirituale per il pubblico. Questa convergenza solleva anche questioni etiche e culturali importanti: il rispetto delle tradizioni e delle credenze è fondamentale quando si portano forme d’arte non convenzionali in contesti sacri. Ma a nostro avviso non esiste sacro, inteso nella sua accezione profonda e potente, che debba aver paura di smarrirsi.
In conclusione, l’integrazione della danza moderna in luoghi sacri rappresenta un’interessante intersezione tra arte e spiritualità. Questa pratica apre nuove prospettive estetiche e intellettuali, fungendo da ponte tra la creatività umana e la ricerca di significato nell’esperienza umana.

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